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Qualche pensiero di Mario Bosco su “I giganti della montagna” di Pirandello.

Martedì 22 Febbraio 2022 19:10 amministratore
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"I giganti della montagna", è un dramma teatrale rimasto incompiuto per la morte dell'autore. Il dramma dopo un secolo ancora provoca nello spettatore, emozioni vivide e insegnamenti preziosi sul mistero della vita umana. L'opera è, forse, la più critica e feroce denuncia dell'ignoranza umana in particolar modo del Partito Fascista che potè regnare grazie all'ignoranza e al timore dei suoi servi.

Il dramma si svolge in una villa fra le montagne dove arriva un gruppo di modesti teatranti che decide di trovarvi riparo nonostante nella casa ci siano già, come spettri vaganti, alcuni abitanti che inizialmente tentano, con un finto temporale prodotto con lamiere e scoppi, di spaventare gli attori ma poi, quando questi ugualmente si avvicinano, benevolmente li accolgono. 

Tra i nuovi venuti vi è la contessa Ilse, un' attrice che, per un certo periodo, è stata contessa per aver sposato un conte, ma poi di lei si è innamorata di un poeta, che le dedica un dramma e infine, rifiutato, si uccide. Allora Ilse torna alla sua vera natura e porta in giro per il mondo quel pezzo teatrale che all'autore è costato la vita e che è, in realtà, una commedia dello stesso Pirandello, "La favola del figlio cambiato".  Anche nella favola il protagonista, il figlio cambiato appunto, rifiuta onori e ricchezze per riappropriarsi della sua identità. II messaggio di Pirandello è assai chiaro: un testamento spirituale, un'opera della vecchiaia in cui si dichiara ad alta voce che l'importante è la nostra vera essenza, non l'apparenza, l'intima identità che va conservata anche a costo di perdere tutto, persino la vita.

 

I teatranti decidono di mettere in scena il loro lavoro davanti ai giganti della montagna, esseri rozzi e materiali che vivono nei pressi e che sono diventati potenti costruendo opere monumentali.

 Il dramma si conclude con l'arrivo dei giganti al galoppo e con le parole di Diamante, una dei teatranti: " ho paura ...."

Sarà Stefano, il figlio di Pirandello, a offrire al lettore una traccia del finale che, a suo dire, il padre stesso gli avrebbe palesato. I giganti non accettano di assistere alla rappresentazione ma vi inviano i propri servi, come dono per il lavoro svolto, ma anche i servitori sono rozzi e maleducati, non accettano la finzione della scena e travolgono Ilse uccidendola. Con lei muore la bellezza e muoiono i sentimenti.  All'interno del dramma è assai importante la presenza dei fantocci che rappresentano i personaggi e che a un certo punto, dalla loro posizione fissa, cominciano a muoversi ed a commentare l'agire degli uomini. Il personaggio oramai vive di vita propria, è prodotto dalla fantasia dell'autore e non ha piu bisogno della mediazione dell'attore che diviene perciò un guscio vuoto, inutile. I fantasmi invece sono reali piu che mai, non a caso il dramma prende spunto da una delle "Novelle per un anno" dal titolo "Lo storno e l'Angelo Centuno" dove una vecchia chiamata Poponé viene accompagnata da una schiera di angeli in un suo viaggio notturno e, alla fine, le viene profetizzata la sua imminente morte.

Anche in "Giganti della montagna” appare questo personaggio, ma con un nome diverso, pertanto siamo portati a pensare che, se la profezia si è avverata, questa vecchia signora non sia altro che un fantasma. Gli uomini agiscono nel sogno, si guardano dormire e svolgono la loro vita mentre il corpo è incosciente.

 

Troviamo un nuovo Pirandello che, con quest'opera concepita nella vecchiaia, quando ormai sentiva vicina l'ombra della morte, insegna all'uomo che l'importante non è la maschera, nè

l'apparenza e tanto meno il corpo. Ciò che conta è l'impalpabile, I'invisibile, la larva. In altre parole, se ci possiamo azzardare, lo spirito, I'anima.

 

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