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Siamo uomini o caporali, siamo uomini o digitali?

Sabato 10 Settembre 2022 07:20 Maria Fanizza Reading point - Recensioni
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8FF6778F-5869-48E0-A3B8-4EB0AD10A8FCSiamo uomini o caporali siamo uomini o digitali? Maria Fanizza


Totò’ diceva siamo uomini o caporali? nel film del 1955, capolavoro di Camillo  Mastrocinque  con Totò’ e Paolo Stoppa, per  distinguere la società in chi soffriva, lavorava, sudava  e chi invece comandava . Allo stesso modo il  sociologo guru della comunicazione  Derick de Kerchkove facendo  il verso al capolavoro di Totò’ nel suo nuovo libro “Siamo uomini o digitali? scritto a quattro mani con il giornalista barese Donato Ciccarese divide  la società in uomini o digitali, vale a dire coloro che lavorano, soffrono e sudano  e quelli che  fanno lavorare, sudare e soffrire gli altri. Dal 1955 la società secondo gli autori non è cambiata molto.In questo nuovo libro , «  frutto delle conversazioni via Skype durante la pandemia», quindi De Kerckhove su sollecitazione di Ciccarese, tocca alcuni dei temi cardine della sua riflessione, quali l’intelligenza connettiva, le psicotecnologie, il “ gemello digitale”, lo spostamento della conoscenza dalla mente alla rete, i Big Data, la Datacrazia. Secondo il professore Derrick de Kerchkove, l’uomo « è travolto dalla manipolazione algoritmica. Siamo sempre più tracciati, valutati, puniti e ricompensati». si è infatti affermato un sistema di controllo più efficace e pervasivo di quello instaurato nel secolo scorso dai fascismi. 

 

È la Datacrazia, “il governo dei dati”, che possono conferire ai gestori, cioè a coloro che li archiviano e custodiscono, facoltà uguali o addirittura superiori agli Stati. Da tempo le istituzioni di Singapore hanno deciso senza pudore di fare pieno uso di tali informazioni al fine di garantire ordine sociale e comportamenti corretti. Nessuno sporca la città, nessuno trasgredisce la legge. Gli algoritmi sono dunque destinati a condizionare sempre più i comportamenti delle persone, a «scalzare la corrispondenza con la realtà e ad assumere il ruolo di referente ». È il software il vero punto di forza del settore informatico, in particolare quello che permette la raccolta dei dati su grande scala. Queste informazioni raccolte si chiamano Big Data, cioè quei dati personali che noi stessi formiamo ai vari servizi online, dalla ricerca generica su Google, al like su un post di Facebook, alla visualizzazione di un articolo su Amazon: si calcola che ogni giorno vengono spediti 75 miliardi di messaggi, 370 milioni die- mail e sono almeno un miliardo i siti web in continuo aggiornamento. De Kerckhove definisce i Big Data «auscultazione della realtà, ma anche penetrazione della nostra intimità». 

Si fa così strada una riproduzione della nostra vita, un altro noi, un gemello digitale, un’entità astratta che in teoria ci rappresenta, ma su cui in pratica non abbiamo controllo. Paradossalmente a lui per forza di cose finiamo per delegare il nostro potere decisionale. La scommessa – secondo De Kerckhove – è fare in modo che il nostro alter ego digitale riesca a convogliare tutto ciò che noi facciamo in rete e a riapprioparsene. Sarà lui a negoziare l’eventuale cessione dei nostri dati personali, a consigliarci un prodotto piuttosto che un altro, a indirizzarci nelle scelte. 

«Si impone un cambio di paradigma: la trasformazione digitale è in atto ed è inarrestabile. Possiamo resisterle, guidarla e cavalcarla solo con l’educazione, l’istruzione e la creazione di una coscienza critica. Per farlo la politica deve dare priorità alla scuola. La triade con la quale agire è chiara. È la PET: Politica, Educazione, Tecnologia. 

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